La città dei comisani
Comiso è una città-teatro, un carro di Tespi ambulante, arenatosi, come una paranza di Donnalucata, sul primo dosso asciutto che s’è trovato davanti. Gesualdo Bufalino ha definito la sua Comiso città-teatro, e non solo per la scenografia del proporsi del sito, bensì, e ancor più, perché è spazio condiviso a vissuto, palcoscenico vivo, dove non sai se sottolineare di più i ritmi delle strutture architettoniche (ad esempio, le belle chiese) di siffatta incantevole città della pietra, o il persistere di un umano arcaico e moderno ad un tempo. Il tratto più spiccato dei Comisani – ha scritto Nunzio Di Giacomo – è la singolarità, che si nota, in particolare, nel modo dialettale di chiamare “U Comisù” (il Comiso), la città, con l’articolo maschile usato quasi ad insinuare che ci si trova di fronte a qualcosa di singolare, Comiso, appunto. La città, come ci ricorda un altro studioso comisano, Biagio Pace, rappresenta una cellula vitale del territorio Ibleo, in quanto centro naturale di una zona prospera ed abitata, con una sua autonomia, perché diversa da quelle confinanti. Centro di un distinto bacino economico ed etnico, segnato, da un lato, dal margine dell’altopiano di Ragusa, dall’altro, dal braccio destro del fiume Ippari, fino a mare. Due linee che segnano non solo diversità di conformazione e natura di terreno, ma anche l’indole della popolazione, di esigenze economiche, di abitudini. E’ un diverso localizzarsi di lavoro, e perfino un distacco di sistemi agricoli. Comiso è terra di gente attiva, propensa ai rapporti umani e commerciali, come si conviene a chi vive al centro del mediterraneo, mare di commerciali di navigatori, a chi vive nell’isola di Sicilia, millenaria cerniera di civiltà. Comiso, come tante altre città dell’isola, ha sedimentato nei secoli le “culture” dei popoli che l’hanno dominata, fino a crearsene una tutta propria. Momenti, produttivi, religiosi, sociali e folcloristici, rappresentano, di volta in volta, abitudini, comportamenti credenze e ritualità, che mettono a nudo la vera identità della città e dei suoi abitanti.
The town of the comisani
“Comiso is a theatre-town, a wandering cart of Tespi, stranded on its way in the first dry prominence, like a fishing – smack of Donnalucata”. Gesualdo Bufalino defined his Comiso a theatre-town, not only for its scenography, but, fist of all, because it is a shared, lived space, a lively stage, where you don’t know whether to stress more the buildings’ rhythm (for instance, the beautiful churches’) or the persistence of a human mystery, archaic and modern at the same time. Comisani’s outstanding feature, Nunzio Di Giacomo has written, is their singularity, that can be noticed, particularly in the dialectal name of the town, “u Comisu”, with the male article used as to hint that we are in front of something singular. The town, says Biagio Pace, another scholar born in Comiso, is a vital cell of the territory, as natural centre of a thriving and populated area. Nevertheless it enjoys a peculiar autonomy, because of its diversity from the neighbouring towns. Comiso is the heart of an economic and ethnic area different from the edge of Ragusa plateau, on the one side, and from Ippari’s right branch, down to the sea, on the other. Two borders that characterize not only different lands, but also different characters, economic organizations and customs. Comiso is a town of active people, inclined to businness and human relationships, as it suits to people who live in the centre of the Mediterranean, a sea of trade and sailors, and in Sicily, a millenary hinge of civilization. Comiso, as well as many other Sicilian towns, has assimilated, throughout the centuries, its rulers’ culture, up to the point of creating its own original one. Economy, religion, society and folklore have customs, behaviours, beliefs and rituals that show the tru nature of the town and its inhabitants.